LE ISTITUZIONI DI ROMA

PREMESSA

La storia di Roma ed in particolare quella delle sue Istituzioni può suddividersi nei seguenti quattro periodi:

 

L’ASSETTO ISTITUZIONALE DI ROMOLO

Cercando ora di delineare per grandi linee la storia della Istituzioni di Roma, possiamo evidenziare che tutti gli storici antichi fanno risalire alle stesse origini di Roma una serie di suddivisioni in cui si sarebbe ripartita la popolazione, alcune di carattere amministrativo, altre di carattere politico-sociale.

 

Per quanto riguarda le prime, siamo informati che Romolo, una volta confermato alla guida della città da lui stesso fondata, distribuì tutti i cittadini in tre Tribù, composte ognuna di dieci Curie. Ogni Curia a sua volta sarebbe stata divisa in dieci Decurie. A capo d’ogni Tribù sarebbe stato posto un Tribuno, per ogni Curia un Curione e per ciascuna Decuria un Decurione.

Questa divisione di carattere amministrativo, in origine, riguardava principalmente il campo militare poiché ciascuna Decuria doveva fornire un contingente di 100 uomini di fanteria e 10 uomini per la cavalleria.

 

Già con Romolo sembrerebbe poi affermarsi una differenziazione sociale, fra Patrizi e Plebei. Questa distinzione corrispondeva ad una diversità di funzioni. Ai Plebei incombeva essenzialmente l’onere dei campi. Essi erano, pertanto, esentati dagli affari pubblici che invece erano di competenza dei Patrizi, essendo a costoro riservato il ruolo di sacerdoti, giudici, collaboratori e magistrati ausiliari del Rex nel comando della città.

 

L’assetto costituzionale delle origini era fondato sulle seguenti figure istituzionali:

 

Il Rex aveva una triplice funzione:

 

Aveva alle sue dipendenze, per quanto concerne il comando militare, un Magister Populi che era il suo sostituto nel supremo comando e un Magister Equitum che aveva il comando della cavalleria.

Per la repressione dei crimini più gravi si avvaleva dei Questores Parricidi.

 

L’ORDINAMENTO CENTURIATO

Un'importante riforma, attribuita a Servio Tullio, è quella dell’Ordinamento

Centuriato con la quale il popolo era ordinato in cinque classi di cittadini in grado di portare le armi in base alla loro ricchezza personale.

Il popolo era complessivamente suddiviso in 193 Centurie. Ogni Centuria doveva fornire all’esercito un contingente fisso d’uomini armati (presumibilmente 100). Mentre ai fini politici ogni Centuria avrebbe costituito un’unità di voto.

 

I COLLEGI SACERDOTALI

Per un’effettiva comprensione della società romana non si può dimenticare l’importanza dei Collegi sacerdotali. I tre Collegi più importanti nella Civitas furono: i Pontefici, i Feziali e gli Auguri.

Il primo Collegio era presieduto dal Pontefice Massimo, in epoca repubblicana il più importante sacerdote di Roma. Il Pontefice Massimo era presente in ogni manifestazione di rilievo della vita della città. ed aveva un ampio potere di controllo e di intervento. Inoltre era il depositario delle primitive norme di diritto e dell’enunciazione del calendario. Questo Collegio era composto di cinque membri scelti per cooptazione (sistema di integrazione di un collegio mediante la scelta di un nuovo membro su indicazione di coloro che già appartenevano al collegio stesso). In epoca tardo repubblicana i membri divennero 15 e il Pontefice Massimo fu eletto dal popolo.  

 

I Feziali erano competenti per i rapporti internazionali di Roma.

 

L’altro collegio da menzionare è quello degli Auguri. Questi erano invece gli interpreti ufficiale degli àuguri. Non deve sorprendere che una comunità primitiva si interrogasse sulla volontà divina, al fine di regolare la vita sociale e di prendere decisioni importanti. L’Augurium riguardava una situazione lontana nel tempo e poteva investire un ampio oggetto. Accanto allo stesso abbiamo l’Auspicium preso “solo” dal Rex in età monarchica e dal magistrato successivamente e che riguardava una situazione vicina e concreta nel tempo.

 

L’AVVENTO DELLA REPUBBLICA

Una volta cacciato l’ultimo Re, il tiranno Tarquinio il Superbo, i romani instaurarono un regime repubblicano dando corpo ad un assetto costituzionale che prevedeva un reciproco bilanciamento e controllo dei poteri allo scopo di evitare il ritorno di forme dittatoriali. La direzione dello Stato fu, infatti, affidata a due Capi (Consoli), eletti annualmente, che esercitavano i poteri in maniera collegiale e con reciproco diritto di veto.

 

IL CONFLITTO TRA I PATRIZI ED I PLEBEI

Nei primi anni della Repubblica è importante sottolineare il conflitto che si svolse tra Patrizi e Plebei. Esso si svolse su più piani: politico, economico e sociale.

Sul piano politico, il punto centrale fu essenzialmente la direzione dello Stato repubblicano. Più articolato fu il contrasto sul piano economico che riguardava due aspetti. Anzitutto la richiesta plebea di ottenere un alleggerimento dei debiti e inoltre l’accusa che i Plebei rivolsero ai Patrizi di voler conservare la terra come “ager publicus” (formalmente proprietà dello Stato, ma lasciato allo sfruttamento dei privati) al fine di potersene impadronire e di sfruttarlo a vantaggio loro e dei loro clienti e amici. Per quanto concerne l’aspetto sociale del conflitto il punto centrale fu dato dall’assenza di Conubium (divieto di matrimonio fra Patrizi e Plebei).

 

 

L’IMPERIUM MILITARE

Il mutamento costituzionale avutosi con il passaggio dalla monarchia alla repubblica portò una netta separazione tra le funzioni religiose e quelle politico militari, in precedenza riunite nella persona del sovrano. La suprema dignità sacerdotale passò al Rex Sacrorum e più tardi al Pontefice Massimo. Al primo Magistrato della repubblica fu invece attribuito il comando degli uomini in armi con la conseguente facoltà di esercitare rispetto a tutti i cittadini quell’ampio potere di coercizione che fu una tipica manifestazione dell’imperium militare (comando militare). Al fine di limitare questo potere ed evitare possibili abusi si crearono varie leggi che sancirono che nessun Magistrato potesse mettere a morte un cittadino romano se questi avesse richiesto il giudizio popolare (verso la metà del V sec. a.c. fu introdotta la regola che quando un cittadino era condannato a morte la decisione spettava ai comizi centuriati.).Questa Provocatio ad populum, è considerata dai pubblicisti romani, uno dei pilastri della costituzione repubblicana.

 

Il SENATO

Il maggiore organo dell’età repubblicana fu il Senato. Esso derivò dall’antica Assemblea dei Patres delle antiche genti patrizie. Nel corso del quarto secolo a. C. divenne un organo a composizione mista patrizio-plebea. Infatti, dopo l’accesso al Consolato avvenuto nel 366 a. C. (primo console plebeo Lucio Sestio Laterano), i Plebei furono ammessi alla Dittatura nel 356 a. C. (primo dittatore plebeo Publilio Filone), alla Censura nel 351 a. C. e alla Pretura nel 337/6 a. C. e dunque, attraverso la titolarità delle Magistrature curuli, essi cominciarono a far parte del Senato. Pertanto quest’Assemblea risultò composta da Patres, Senatori provenienti dagli antichi Patrizi, e da Conscripti, Senatori di origini plebea.,

Alcune funzioni rimasero comunque sempre ad esclusivo appannaggio dei Patres quali: l’Auctoritas e l’Interregnum. L’Auctoritas patrum consistette nella conferma, convalida o ratifica delle delibere delle Assemblee popolari. L’Interregnum, invece, era un procedimento adottato nel caso in cui venissero a mancare entrambi i Consoli senza che fossero stati nominati i successori. In tale eventualità, tutto il potere, nella sua pienezza, tornava ai Patres (dieci in tutto). Ognuno di questi 10 Patres lo esercitava per turni di cinque giorni fino a quando con nuove elezioni non era ripristinata la normalità.

Il numero dei Senatori variò nel corso dei vari secoli. Secondo la tradizione, Tarquinio Prisco in età monarchica ne fissò il numero in 300, Silla lo raddoppiò, Cesare elevò la sua composizione portandolo a 900 prima a 1000 poi. Augusto riportò il numero dei Senatori a 600.

Del Senato facevano parte, oltre ai precedenti Senatori (difficilmente era decretata una rimozione) coloro che avessero rivestito una Magistratura. I partecipanti al Senato erano distinti in Censori, Consoli, Pretori, Edili, Tribuni e Questori. Il patrizio più anziano tra i Censori aveva il titolo di Princeps Senatus e fungeva da portavoce ufficiale del consesso e aveva inoltre il diritto di esprimere per primo il proprio parere. La gerarchia sopra esposta era rilevante non solo per il prestigio e la dignità che l’appartenenza ad una o all’altra categoria attribuiva ai singoli Senatori ma anche perché il Magistrato che presiedeva una seduta era solito interpellarli seguendo rigorosamente l’ordine di rango. Pertanto capitava che i primi riuscivano con il loro voto ad influenzare tutto il consesso. Al Senato era riconosciuta un’ampia gamma di competenze e su di esse aveva la possibilità di esercitare vasti poteri di intervento. Riportiamo solo alcune delle principali funzioni:

 

LE ASSEMBLEE POPOLARI

Importanti nell’epoca repubblicana furono anche le Assemblee popolari quali: i Comizi curiati, i Comizi centuriati, i Concili plebei e i Comizi tributi.

I Comizi curiati, derivati dalla remota Assemblea delle Curie, avevano competenze limitate essenzialmente ristrette al compimento di pochi e determinati atti solenni, tutti di tipo arcaico e dalle forti implicazioni sacrali.

In essi si pronunciava inoltre la lex curiata de imperio, con cui si confermava il potere dei Magistrati maggiori (non dei Censori). Questa lex pur ritenuta sempre necessaria era, in epoca repubblicana, un atto meramente simbolico.

 

I Comizi centuriati, derivati dalla trasformazione in forme politiche dell’antica Assemblea del popolo riunito nell’esercito centuriato, furono i più importanti Comizi repubblicani. Come già detto, in base al censo i romani furono distribuiti in “5 classi”. In tutto le Centurie furono 193 ed in esse i Patrizi dominavano disponendo da soli di 98 Centurie. Questi Comizi potevano essere convocati solo dai Magistrati dotati di imperium. Le loro competenze (in origine avevano anche la possibilità di legiferare poi trasferita ai Comizi tributi), rimasero le leges de bello indicendo, solenni deliberazioni con cui il populus approvava (solo molto in epoca tarda decideva) le dichiarazione di guerra, e le leges de potestate censoria, con le quali si conferivano i poteri ai Censori.

 

I Concili plebei erano Assemblee alle quali partecipavano solo plebei e potevano essere convocati solo dai Tribuni e dagli Edili plebei. Con il tempo poterono anche legiferare, soprattutto nel campo del diritto privato e processuale.  

 

I Comizi tributi furono Assemblee del popolo intero ordinato in tribù e non in Curie o Centurie. Roma nel 241 a. C. era divisa in 35 Tribù, 31 rurali e 4 urbane. I cittadini erano iscritti alle varie Tribù rurali in base alla sede in cui avevano il fondo mentre nelle quattro tribù urbane erano iscritti i nullatenenti. (coloro che non avevano alcun fondo). Questi Comizi avevano competenza essenzialmente nell’attività legislativa e nella elezione dei Magistrati minori.

 

LE LEGGI LICINIAE SEXSTIAE

Nel 367 a .C. con le leges Licinae Sextiae, si determinò un riassetto istituzionale dello strutture dello Stato Repubblicano, stabilendosi una ben definita gerarchia tra le varie Magistrature. Furono, infatti, definite le Magistrature maggiori e quelle minori.

 

LE MAGISTRATURE MAGGIORI

Al vertice il Consolato, la Pretura e la Dittatura (con il relativo Magister equitum): tutte magistrature maggiori dotate di imperium, ordinarie e permanenti le prime due, straordinaria la terza.

La loro titolarità comportava, in genere, le seguenti attribuzioni:

-         il comando militare con connessi grandi poteri coercitivi;

-         la facoltà di indire le leve;

-         il potere di coercizione per ottenere l’obbedienza dei cittadini e dei Magistrati inferiori;

-         la facoltà di emanare e pubblicare nel Foro particolari disposizioni o programmi di governo in materie di propria competenza (ius edicendi);

-         la capacità di assumere gli auspici maggiori e quindi il titolo per il trionfo (il quale si poteva esercitare solo in caso di vittoria militare avvenuta sotto i propri auspici).

Questi Magistrati, ad eccezione del Dittatore erano eletti, per un anno, dai Comizi Centuriati convocati e presieduti da un Magistrato di rango maggiore o pari a quello degli eligendi.

Magistrati maggiori erano anche i Censori che però erano privi di imperium ed erano eletti per 18 mesi, di regola ogni quinquennio.

Segno visibile della titolarità dell’imperium (comando militare) era, tra l’altro, l’accompagnamento dei Littori (scorta personale 12 per ciascun Console, 24 per il Dittatore) i quali però potevano innestare i fasci nelle scure solo fuori della città. Il divieto di entrare in città esercitando l’imperium militare si sospendeva soltanto in occasione della celebrazione del trionfo, per consentire al trionfatore di recarsi con l’esercito in armi a rendere grazie, attraverso la via trionfale, a Giove Capitolino. In questo stesso giorno era concesso al Console vittorioso di indossare a Roma il Paludamentum, la corte veste porpurea usata in guerra al posto della Toga Praetexta, l’abito bianco orlato di porpora usato in città.

Si tratterà adesso, per sommi capi, delle singoli funzioni e competenze spettanti ai vari Magistrati, partendo dall’età della repubblica fino al periodo di Diocleziano.

 

I Consoli

Erano detti Magistrati eponimi in quanto davano il nome all’anno in cui erano in carica. I due Consoli erano titolari del supremo potere civile e militare che li esercitavano collegialmente. Ognuno di loro, ne era titolare per intero salva la facoltà del collega di bloccare ogni suo atto interponendo l’intercessio (diritto di veto capace di impedire o annullare qualsiasi iniziativa intrapresa o realizzata dall’altro senza sua esplicita o implicita adesione). Le competenze dei due Consoli erano amplissime, teoricamente illimitate investendo tutti i settori del pubblico potere con limiti di fatto derivanti esclusivamente dalla citata provocatio ad populum e dalla esistenza di altre Magistrature dotate di proprio imperium. Dotati anche dell’imperium domi (potestà di governo civile) avevano il diritto di convocare il Senato e il popolo ed il connesso potere di iniziativa legislativa. Legati, di regola, all’osservanza delle direttive politiche del Senato, essi, quando era necessario assumere con urgenza decisioni importanti per la comunità si avvalevano di un ristretto Consilium formato dai Princeps civitatis (ex Consoli).

 

Il Pretore

Altro Magistrato maggiore, eletto dai Comizi centuriati, era il Pretore. Anche egli era dotato di imperium anche se di minore potestas. Sostituiva i Consoli nel governo civile, quando erano assenti, per propria competenza e non per loro delega. Dotato dell’imperium militiae, era incaricato dal Senato del comando dell’esercito fuori dell’Urbe. Nell’esercizio del comando militare era accompagnato da sei Littori. Sua funzione primaria era tuttavia quella di amministrare la giustizia tra cittadini in Roma. Nel 242 a. C. fu aggiunto, al Pretore creato nel 367 a.c. a seguito del compromesso Licinio con il quale la giurisdizione in Roma rimase ad esclusivo appannaggio dei Patrizi,   un altro posto di pretore con il compito di dirimere le controversie tra peregrini tra loro, e tra cittadini e peregrini. Altri Pretori furono creati nel 227 a. C. e nel 197 a. C. per governare le provincie annesse a Roma. In epoca sillana, esclusi i Pretori dai governi provinciali cui furono destinati gli ex Consoli e gli ex Pretori usciti di carica, si eleggevano 8 Pretori: due per la giurisdizione civile e 6 per la presidenza delle corti permanenti per la giustizia criminale.

 

Il Dittatore

Magistrato straordinario, destinato a gestire l’emergenza, dotato di summum imperium e summa potestas, il Dittatore era nominato da uno dei Consoli in carica per un periodo massimo di 6 mesi, in momenti di grave pericolo esterno e interno per la Repubblica.

A differenza degli altri Magistrati (Consoli e Pretori) non rispondeva degli atti compiuti, né doveva rendere conto delle somme assegnategli per lo svolgimento delle imprese militari. Aveva l’obbligo, immediatamente dopo l’investitura, di nominare un Magister Equitum cui affidare, in subordine, la cavalleria. Questi, oltre che un Ufficiale, era anche un Magistrato dotato di proprio imperio ed al quale il Dictator poteva affidare anche il comando dell’intero esercito. Dopo l’esperienza delle quattro diverse dittature di Cesare (49, 48, 47 e 44 a. C.) alla dittatura a Roma non si tornò più.

Antonio nel 44 a. C. ne fece sancire la definitiva abolizione.

I Censori

Unici Magistrati maggiori privi di imperium erano i Censori. Tuttavia essi avevano una potestas particolarmente incisiva e dotati di auspicia maggiori. Compito primario era l’accertamento del patrimonio dei cittadini, il cui compito fu svolto inizialmente dai Pretori-Consoli che vi provvidero l’ultima volta nel 459 a. C.. La censura fu creata nel 434 a. C. stabilendone la durata in 18 mesi per ogni quinquennio. Appena investiti della loro potestas, i Censori, che di norma erano eletti tra i Senatori che avevano già ricoperto il consolato, emanavano un editto con cui stabilivano la data del censimento ed enunciavano i criteri che avrebbero seguito per la valutazione dei beni dei cittadini. Particolare rilievo aveva anche il c.d. regimen morum, ossia il potere, dei Censori, di controllare a posteriori il comportamento privato e pubblico dei cittadini tenuto nel precedente lustro. Inoltre ad essi fu attribuito formalmente, nel 312 a. C., la c.d. Lectio Senatus, ossia il compito di redigere ed aggiornare periodicamente la lista degli appartenenti al Senato, scegliendone gli appartenenti tra le persone che avessero ricoperto cariche pubbliche e che si fossero distinte per particolari meriti.

I Censori erano gli unici tra i Magistrati repubblicani, ad essere sepolti nel manto purpureo, privilegio spettante agli antichi Re. La Censura fu abolita nel 50 a. C..

 

 

LE MAGISTRATURE MINORI

Accanto a queste Magistrature maggiori vi erano Magistrature dette minori.

Fra esse ricordiamo:

-         gli Edili;

-         il Questore;

-         il Tribuno della Plebe.

 

L’Edilità era una Magistratura mista patrizio-plebea, formata da due coppie sempre formalmente distinte. Gli edili plebei erano eletti nei Concilia plebis (Assemblea solo plebea), quelli curuli nei Comitia tributa.

Avevano compiti di vigilanza e di polizia sui luoghi pubblici, provvedevano alla conservazione e alla distribuzione delle scorte di cereali e dovevano organizzare le feste. L’organizzazione dei giochi nel corso della Repubblica divenne uno strumento non secondario di propaganda politica e personale e di acquisto del favore degli elettori. L’edilità divenne col tempo una tappa non necessaria, ma consueta e di solito appagante nel cursus honorum (percorrere la carriera politica).

 

I Questori, Magistrati minori antichissimi, privi di imperium erano titolari soprattutto di potestà finanziarie. Essi:

-         erano eletti nei Comizi tributi;

-         amministravano l’erario del popolo romano (nel Principato tale competenza passerà ai Pretori);

-         provvedevano all’erogazione dei fondi necessari alle spese decise dai Consoli secondo le direttive del Senato;

-         perseguivano i debitori dello Stato;

-         gestivano la cassa e i magazzini militari assieme al bottino di guerra.

Ai due Questori che svolgevano compiti nell’amministrazione cittadina se ne aggiunsero altri detti “militari” che seguivano i Consoli per provvedere all’amministrazione finanziaria delle Legioni. Nel 267 a. C. ne furono aggiunti altri quattro detti “classici” che erano supervisori dell’attività della flotta. Nell’81 a. C. Silla, per far fronte alle esigenze delle sempre più numerose province portò il numero dei Questori a venti. Cesare ne raddoppiò il numero nel 45, ma Augusto ristabilì poco dopo la regola sillana. Nelle province dove erano inviati rappresentavano la più alta autorità dopo il governatore.

La Questura rappresentava la tappa iniziale della carriera politica dei romani.

Con funzioni ausiliari delle magistrature vi erano sei distinti collegi composti dai Vigintisexviri i quali erano privi di imperio e dotati solo di funzioni secondarie.

 

Infine abbiamo i Tribuni della plebe che erano eletti in numero di dieci per anno dai Concilia plebis tributa (Assemblee della plebe riunita per tribù). Essi erano dotati di un potere negativo di intercedere, cioè ciascuno di essi poteva porre un veto (c.d. intercessio tribunicia) agli atti di imperio, anche di portata generale, di qualsiasi Magistrato, paralizzandone l’azione e rendendo inoltre impossibile l’esecuzione delle decisioni adottate dai tradizionali organi di governo della città che essi ritenevano pregiudizievoli per gli interessi che tutelavano. La loro persona dal 449 a. C. in poi fu considerata inviolabile e pertanto furono immuni, a pena di sacertà (sacer era colui che a seguito dei reati commessi era consacrato alla vendetta divina), da qualsiasi coercizione da parte dei Magistrati patrizi. Verso la metà o la fine del secondo secolo a. C. una legge Atinia riconobbe agli ex tribuni, il diritto di entrare a far parte del Senato (se scelti dai Censori naturalmente).

 

 

LE RIFORME DI AUGUSTO E LA NUOVA FIGURA DEL PRINCIPE

L’età della Repubblica finì con Cesare Augusto. Egli instaurò una nuova forma di governo fondata sul Principe alla cui soggezione tutte le altre cariche furono subordinate. Al fine di limitare i poteri del Senato non solo fece delle epurazioni del consesso ma inserì nello stesso parecchi suoi fedeli partigiani. Creò inoltre un organo come il Consilium Principis, formato da un ristretto numero di Senatori (da lui scelti) in grado di mediare tra lui e il Senato.

In pratica tutto era discusso dallo stesso Principe in questo suo Consilium e le decisioni prese erano poi comunicate al Senato.

Successivamente Augusto crea, a fianco delle Magistrature repubblicane, una Amministrazione imperiale fondando la sua politica su due principi ispiratori: il depotenziamento delle Magistrature repubblicane e la centralizzazione rispetto ad una molteplicità di poteri. I Magistrati di origine repubblicana, ormai privi di ogni rilevanza politica, scelti dal Senato attraverso l’interferenza del Principe, svolgevano sostanzialmente funzioni amministrative di facciata.

Comunque la rilevanza dei Consoli era data: dal rango in Senato, dal fatto che non solo i governatori delle provincie senatorie, ma anche quelli di quelle imperiali, nonché funzionari imperiali, erano tratti dai Consoli. I Pretori mantennero le loro funzioni giurisdizionali.

Il numero degli stessi passò da 10 ad un massimo di 16 ed oscillò in base alle varie esigenze.

La Censura abolita nel 50 a. C. fu ripristinata da Augusto nel 22 a. C.. Tuttavia tale Magistratura cessò di avere rilevanza autonoma con l’esercizio delle funzioni proprie di essa da parte di Domiziano che si attribuì la carica di Censore perpetuo (attestata da monete della fine dell’85 d. C.).

Il Tribunato fu lasciato senza modificarne i poteri e le prerogative anche se il Princeps aveva una tribunicia potestas (diritto di veto) superiore a quello di ogni Tribuno.

L’Edilità fu mantenuta, ma le competenze degli Edili furono ristrette da uguali competenze assegnate ad altri funzionari imperiali.

La Questura fu l’unica Magistratura a risentire in maniera relativa del nuovo assetto costituzionale.

Augusto e gli Imperatori che lo seguirono si prefissero il compito di creare e riformare un’amministrazione centrale. Augusto se per rispetto del Senato non toccò l’Italia, introdusse tuttavia le grandi Prefetture. Unico limite nella creazione di questa amministrazione fu dato dal fatto che Augusto confidò a schiavi e liberti della sua casa i posti medi, senza pertanto possibilità di distinguere gli affari privati da quelli dello Stato.

Claudio riorganizzò gli uffici della burocrazia centrale affidandola a Liberti di primissimo ordine. E’ tuttavia a partire da Vespasiano che la burocrazia si specializza e si tecnicizza; e fu col figlio Domiziano che i Liberti cominciarono ad essere rimpiazzati nei posti importanti dai Cavalieri.

Già Augusto, al fine di creare questa amministrazione, si servì del ceto equestre contrapponendolo a quello senatorio. Il culmine della carriera equestre era rappresentato dalla Prefettura del pretorio e dalla Prefettura d’Egitto.

 

Il Prefetto del Pretorio era dotato di un immenso potere sia civile sia militare. Augusto, infatti, creò un corpo di soldati particolarmente vicini alla persona imperiale ordinati in 9 Coorti sotto il comando di questo Prefetto (era un corpo speciale più che una guardia del corpo). Questo Prefetto faceva parte anche del Consilium del Principe.

 

Altro posto di primo piano fu la Prefettura d’Egitto, il cui Prefetto era in sostanza un funzionario che rappresentava pienamente l’Imperatore nella potente e ricca provincia d’Egitto. L’accesso a tale carica fu vietato ai Senatori.

 

Comunque nella sua riorganizzazione delle istituzioni Augusto tenne conto anche delle aspettative del Senato. Creò, infatti, il Prefectus Urbi (Prefetto della città), formalmente un suo rappresentante nel governo della città affidando tale carica ad un Senatore tratto dai Consoli. Questo Prefetto era nominato direttamente dal Principe e la durata della sua carica non era prefissata.

I suoi poteri derivavano da una rappresentanza diretta del Principe.

 

IL DOMINATO

L’ultimo periodo della storia delle Istituzioni di Roma, denominato del Dominato, va dal 284 d. C., sotto il regno di Diocleziano, e fu caratterizzato da un impero assolutistico.

Quest’Imperatore deciso a rafforzare il potere militare chiamò al suo fianco come collega un fedele Generale, Massimiano affidandogli il governo delle provincie occidentali. Entrambi gli Imperatori erano investiti del titolo di Augustus. Inoltre, Diocleziano attuò un’ulteriore suddivisione nel governo dell’Impero nominando due Cesari. Questo sistema di suddivisione nel governo dell’impero, detto Tetrarchia, aveva non soltanto lo scopo di assicurare all’Impero un’amministrazione più vigile ed efficace di quanto essa potesse essere se affidata ad un solo uomo, ma anche di stabilire preventivamente la successione. Infatti, venendo meno uno dei due Augusti gli sarebbe subentrato uno dei due Cesari.

L’Impero era comunque, sempre e formalmente di uno solo. Con Diocleziano la Costituzione Repubblicana non è che un ricordo, il Consolato era ambito solo in quanto il Console dava ancora il nome all’anno e la funzione della Pretura era ormai quella di organizzare i pubblici spettacoli. Né maggiori poteri aveva il Senato le cui attribuzioni consultive furono assorbite dal Consilium imperiale (divenuto con Diocleziano Consistorium, in quanto i suoi membri dovevano stare in piedi davanti al Principe).

Con Costantino si tornò per un breve periodo alla unificazione totale dell’Impero. Ma con figli di quest’ultimo l’unità dell’Impero comincerà ad essere in pericolo. Entrambi erano Augusti di pari autorità e governavano su due parti distinte dell’Impero. Inoltre Costanzo, che governava sulla parte orientale, creò un Senato e un Prefectus Urbi anche per Costantinopoli cercando di elevare questa città alla stessa dignità dell’antica Roma. E a partire da questo periodo che Roma perderà sempre più potere e l’impero d’occidente cadrà formalmente nel 476 d. C., con la deposizione di Romolo Augustolo.