L’Ottocento, si apre con la vicenda napoleonica. Dopo tanti secoli, il continente europeo è riunito. Si tratta di un evento che non si verificava dai tempi di Carlo Magno. Napoleone riesce nell’impresa non solo in virtù delle sue doti di condottiero, ma anche per il fascino suscitato dai princìpi portati avanti dalla Rivoluzione: libertà, uguaglianza, fraternità. L’epopea napoleonica travolge tutti gli assetti precedenti, specie in Germania ed in Italia. Ma si tratta di un’esperienza temporanea e segnata dall’egemonia della Francia; egemonia non pienamente accettata dagli altri Stati europei.
Il sistema così creato non sopravvisse alla sconfitta di Napoleone.
Con il successivo Congresso di Vienna del 1814 – 15 vi fu il ripristino della precedente situazione d’equilibrio, che si era venuta a precisare negli ultimi secoli. Ne derivava un ordine europeo incentrato sul diritto dei sovrani e non sulle condizioni ed aspirazioni dei popoli.
L’assetto disegnato a Vienna avrebbe dovuto durare a lungo, ma, dopo appena pochi anni, fu rimesso in discussione da nuove tensioni e ripetuti moti rivoluzionari.
A “soffiare sul fuoco” era l’idea di nazione elaborata, come è stato già accennato, da Rousseau e di cui il primo e più rigoroso teorico fu il filosofo tedesco Johann Fichte.
E’ la grande idea che percorrerà tutta la storia europea dell’Ottocento e della prima metà del Novecento e farà passare in ombra le concezioni europeistiche prospettate nei secoli precedenti.
L’Ottocento diventa così il secolo dei Risorgimenti nazionali e dell’oblio europeo.
L’idea della difesa della libertà ed identità della nazione acquista spessore anche perché coniugata al movimento culturale del romanticismo; diventano due concetti inscindibili, due facce della stessa medaglia. Il movimento del nazionalismo/romanticismo fu particolarmente vivo in Germania, in quegli anni, vero e proprio laboratorio culturale e filosofico europeo (l’Inghilterra può essere considerata il laboratorio economico e la Francia, quello politico-istituzionale).
Ed era naturale che queste idee di rivendicazione della propria individualità nazionale dovessero trovare terreno di coltura proprio in quelle realtà geografiche, come la Germania e l’Italia, ove alla nazione, intesa come identità culturale di lingua, valori, costumi e tradizioni, non si accompagnava una omotetica realizzazione istituzionale.
I nazionalisti sconfessano i filosofi illuministi e la loro fede nel valore assoluto della ragione ed esaltano gli ideali, il sacro, la poesia, il bello, lo spirito. Questa esaltazione della propria individualità tende ad esaltarne il valore ed a porsi in contrapposizione con altre realtà. Mentre l’europeismo univa, il nazionalismo divide. Il poeta tedesco Novalis così arriva ad esprimersi “Verrà, deve venire, il tempo della pace perpetua, in cui la nuova Germania sarà la capitale del mondo”.
Il nazionalismo (ed il romanticismo che lo accompagna) si tinge, quindi, di colori forti, con valenze positive e negative. Da un lato, infatti, si tradurrà in idee che risveglieranno i popoli e provocheranno il coinvolgimento degli animi nelle lotte per l’indipendenza e per la libertà. Dall’altro, esaltando le idee del mandato, del primato, della supremazia di una nazione sull’altra, produrrà quelle deviazioni e storture che caratterizzeranno tutta la storia dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Quale secondario effetto negativo, il nazionalismo affievolirà l’idea di Europa.
Il concetto di primato cui si è fatto cenno riecheggia nei grandi pensatori di tutti i Paesi.
Per lo storico francese Francois Guizot “le
caratteristiche di civiltà della Francia la rendono particolarmente adatta a
marciare alla testa della civiltà europea”.
L’italiano Vincenzo Gioberti rivendica “il primato morale e civile degli italiani”.
Per Giuseppe Mazzini, “L’Italia è la terra destinata da Dio alla grande missione di dare unità morale all’Europa”.
Di fronte a questo coro osannante al nazionalismo, si ersero alcune voci dissenzienti a contestarne la fondatezza e la pericolosità. Wolfgang Goethe, che era stato testimone delle guerre prussiane contro Napoleone, vedeva nel nazionalismo l’humus più adatto per far crescere l’odio fra i popoli.
Per Cesare Balbo, l’idea del primato della nazione era solo il frutto di “una irragionevole superbia”. Lo stesso Mazzini conferisce una evoluzione al suo pensiero iniziale e considera la nazione non come un valore per se stesso, ma quale mezzo, sia pure nobilissimo, per l’armonia dell’intera umanità (in questa ottica, affianca la “Giovane Europa” alla già esistente “Giovane Italia”).
Una ulteriore esasperazione di questi concetti di superiorità nazionale si è avuta, nella seconda metà dell’Ottocento, quando vengono elaborate teorie sulla presunta superiorità di alcune razze rispetto ad altre. In questa visione si spiegano le conquiste coloniali che sono motivate, in parte, da interessi geopolitici ed economici, ma, anche, da idee estreme quali la superiorità della civiltà europea e della razza bianca. L’inglese Cecil Rhodes, esploratore e fondatore della Rodesia, non ha dubbi sul “fardello dell’uomo bianco” che ha la missione di dominare e civilizzare il mondo.
E’ quasi naturale che, in una siffatta situazione, l’idea di Europa, i progetti e le ipotesi di costruzione di organismi di raccordo, come quelli elaborati nei due secoli precedenti, vengono decisamente accantonati.
Si odono appena le flebili voci di poeti e letterati. Per Victor
Hugo, “Verrà un giorno in cui si vedranno questi due immensi gruppi, gli
Stati Uniti d’America e gli Stati Uniti d’Europa, posti in faccia l’uno
all’altro, tendersi la mano al di sopra dei mari … per ottenere il benessere di
tutti, la fratellanza dei popoli e la potenza di Dio”. Per il filosofo Friedrich
Nietsche, l’avvento dell’Europa farà finire “la commedia della sua
congerie di staterelli e la molteplicità dei suoi velleitarismi dinastici e
democratici”.
Sul piano politico, le uniche proposte furono formulate dagli inglesi che, durante il Congresso di Vienna, elaborarono l’idea, che non ebbe poi seguito, di un “Commonwealth of Europe”.
Nella restante parte del secolo, non si registrano ulteriori elaborazioni degne di nota; anche questo è un segnale preciso di come ogni interesse per l’unificazione d’Europa era stato relegato ormai in sott’ordine.
Sotto l’impeto del nazionalismo e del romanticismo, l’Europa si avvia al baratro della prima guerra mondiale!
Il percorso segnato dall’Idea d’Europa è stato seguito dalla sua genesi mitologica fino alla grande guerra. Come accennato l’ottica di analisi è stata necessariamente ampia e sintetica.
Gli avvenimenti del Novecento, invece, poiché decisivi ai fini della realizzazione di questa Idea, necessitano di una visione più approfondita ed dettagliata.