Con la seconda metà degli ani ’80 iniziava uno dei periodi di maggiore attività della Comunità Europea. Al rilancio dava un contributo decisivo Jacques Delors, diventato Presidente della Commissione esecutiva il 1° gennaio ’85.
Delors riuscì ad assicurarsi il sostegno dei due principali leaders del momento, il francese Mitterrand ed il tedesco Helmut Khol. Giocavano a suo favore anche la favorevole congiuntura economica ed il repentino mutamento dei rapporti Est-Ovest che porterà alla caduta del Muro di Berlino nel 1989.
Analisi e proposte furono raccolte in un Libro Bianco dal titolo “Il Programma Novanta” che preannunciava un programma di lavoro per un decennio.
Il tema del completamento del Mercato Comune era urgente ed, in questo contesto, la problematica del completamento della libera circolazione dei capitali e delle merci. Alla fine degli anni ’60 erano state, infatti, abolite le barriere tariffarie. Ma con le crisi economiche i processi di liberalizzazione si erano arrestati e, dopo oltre 10 anni:
· persistevano ancora le barriere “formali” (controlli di polizia e doganali);
· erano state erette barriere “tecniche”, costitute da una serie di normative diverse da Paese a Paese (differenze di standard relative alla salute, alla sicurezza ed all’ambiente, sovvenzioni con fondi pubblici per mantenere in vita imprese non concorrenziali, appalti pubblici riservati a ditte nazionali, controlli di qualità).
Erano tutti ostacoli molto concreti alla libera circolazione di persone, beni e servizi.
Il Libro Bianco prevedeva interventi proprio per eliminare gli ostacoli suindicati ed auspicava anche una liberalizzazione dei “prodotti finanziari” (assicurazioni, banche, etc.).
Nel Consiglio europeo tenutosi a Milano nel giugno dell’85, fu presentata la proposta di convocare una Conferenza intergovernativa (CIG), incaricata di predisporre un progetto di Trattato per la cooperazione nel campo della sicurezza e della politica estera. In questa circostanza, per la prima volta, si superò un tabù che aveva condizionato i lavori dei Consigli: quello della unanimità nelle votazioni. La proposta, infatti, fu approvata a maggioranza; sette contro tre. Votarono contro l’Inghilterra, com’era prevedibile, e poi la Grecia e la Danimarca. Il Consiglio di Milano si concluse anche con l’approvazione del Libro Bianco di Delors, aggiungendovi una dimensione tecnologica con il progetto EUREKA.
Nella successiva Conferenza Intergovernativa (CIG), tenutasi in Lussemburgo, fu realizzato un compromesso per evitare la rottura con la Gran Bretagna. Per iniziativa di Delors fu approvato l’ATTO UNICO firmato nel febbraio ’86 ed entrato in vigore il 1° luglio ’87, dopo le procedure di ratifiche da parte dei Parlamenti nazionali.
L’Atto si articolava in due Titoli differenti:
· uno comprendeva le modifiche istituzionali ai Trattati di Roma e le misure per conseguire l’obiettivo del completamento del Mercato Unico entro il 1992;
· l’altro fissava le disposizioni sulla cooperazione politica per definire una politica estera comune (per la prima volta veniva codificata).
Esso consisteva in un insieme di disposizioni che modificavano e completavano i tre Trattati istitutivi delle Comunità europee. L’obiettivo più importante era la realizzazione entro il 31 dicembre 1992 del Mercato interno cioè di uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.
Nell’Atto unico, oltre alla creazione del mercato interno sono previsti:
· la ricerca di una coesione economica più stretta tra le regioni europee e una riduzione delle disparità regionali attraverso la riforma dei fondi strutturali;
· il miglioramento della politica sociale;
· il rafforzamento della cooperazione monetaria;
· l’introduzione di norme in materia di tutela dell’ambiente e di ricerca scientifica e tecnologica.
L’Atto
unico prevedeva anche modifiche istituzionali, fra cui si ricordano:
·
il
passaggio dall’unanimità alla maggioranza qualificata per le decisioni del
Consiglio dell’Unione europea nei settori del mercato interno, della politica
sociale, della coesione economica e sociale e della ricerca;
·
l’affidamento
alla Commissione delle competenze esecutive degli atti adottati dal Consiglio;
·
il
conferimento al Parlamento europeo di un potere di parere conforme (Procedura
del parere conforme) in materia d’adesione e per gli accordi
d’associazione;
·
l’introduzione
di una procedura di cooperazione tra la Commissione, il
Parlamento e il Consiglio;
·
l’istituzionalizzazione
del Consiglio europeo;
·
la
creazione di un Tribunale di primo grado che ha affiancato la
Corte di Giustizia.
Nel
Preambolo all’Atto veniva anche indicata come obiettivo “l’Unione economica e
monetaria”
Innovativo
era il capitolo dedicato alla armonizzazione delle attività di politica estera
dei Paesi membri, dando una veste giuridica alla prassi della cooperazione in
materia di politica estera con disposizioni che prevedevano quattro
riunioni l’anno dei Ministri degli Esteri. In tale ottica veniva creato un
Segretariato permanente con sede a Bruxelles. Si trattava di un passo avanti
anche se, ancora una volta la Cooperazione Politica Europea (CPE) rimaneva
ancorata al suo carattere intergovernativo.
Un’ultima
novità dell’Atto Unico era quella della sicurezza, con la necessità di
una stretta collaborazione in questo campo, ma non in contrasto con la NATO e
l’UEO. L’enunciazione non era seguita da misure attuative pratiche; era un seme
destinato a germogliare nel futuro.
Per
consentire la realizzazione degli obiettivi fissati dall’ATTO UNICO, Delors
riuscì a far approvare una serie di provvedimenti che riguardavano:
·
la riforma
della politica agricola, con un’ulteriore compressione delle spese per ridurre
le eccedenze;
·
la riforma
del sistema di finanziamento e bilancio della Comunità per aumentarne le
risorse (oltre alle tradizionali tre fonti – prelievi agricoli, dazi doganali,
aliquota dell’IVA – fu aggiunta una quarta risorsa consistente in un’aliquota
del PIL);
·
il
potenziamento dei “fondi strutturali” per diminuire il divario fra il Nord ed
il Sud della comunità con un sostegno alle regioni meno sviluppate.
In
questo attivismo fu anche costituito un Comitato per analizzare e proporre le
tappe per arrivare alla moneta unica. Si mise così in moto un meccanismo che
porterà agli accordi di Maastricht ed alla lunga marcia verso la moneta unica.
Il rapporto del Comitato, presieduto da Delors; indicò che il raggiungimento
dell’Unione Economica e Monetaria (UEM) era legato a tre condizioni
irrinunciabili:
·
la totale
convertibilità delle monete europee (obiettivo già realizzato);
·
la completa
liberalizzazione dei movimenti di capitali (obiettivo da realizzare nel ’90);
·
l’eliminazione
dei margini di fluttuazione delle varie monete e l’instaurazione di rapporti di
cambio fissi (perno del successo dell’iniziativa).
Era
inoltre suggerita la creazione di un fondo europeo di riserva (che anticipava
la creazione della futura Banca Centrale europea).
Il
pacchetto Delors non prevedeva necessariamente la moneta unica, anche se essa
era auspicata. Sarà al Consiglio Europeo di Roma dell’ottobre ’90 che si
prenderà la decisione di puntare alla moneta unica.
Fu
in quel periodo (9-10 novembre ’89) che crollò il Muro di Berlino e con esso il
potere sovietico in Europa orientale e si aprì inaspettatamente la questione
della riunificazione tedesca. Il Cancelliere Kohl comprese subito che la
riunificazione era un traguardo raggiungibile subito, superando sia le
resistenze dell’Unione sovietica sia le remore dei membri della Comunità
europea, preoccupati che la riunificazione tedesca si potesse trasformare in un
fattore d’isolamento della Germania, che ormai costituiva la “locomotiva” della
Comunità. Entrambi gli ostacoli furono comunque superati ed il 3 ottobre del
’90 (in meno di un anno) le due Germanie si riunificarono. La Commissione
europea salutava il ritorno nella “famiglia europea” dei cinque Lander che
avevano costituito la Germania dell’Est.
Nel
secondo semestre del ’90 scompare dalla scena europea Margaret Thatcher, la
“lady di ferro” che, per undici anni, con la sua battagliera presenza, aveva
condizionato la vita comunitaria.
Il
’90 fu anche l’anno della prima guerra del Golfo, in cui i Paesi europei si
mossero in ordine sparso fornendo un contributo modesto. E nello stesso periodo
entrava in una fase esplosiva il conflitto nella ex Yugoslavia ed anche in
questa circostanza la capacità dell’Europa di intervenire da posizioni comuni
fu molto deludente.
Nella
stessa Unione Sovietica vacillava la posizione di Gorbaciov, il politico che
aveva aperto all’occidente ed aveva consentito la riunificazione tedesca.
Mentre
sul piano della politica estera non si intravedevano posizioni comune, una
certa convergenza si avvertì per il settore della Difesa, con l’ipotesi di
costituire una forza europea incentrata sull’UEO, nata nel ’54 dal fallimento
della CED e rimasta sostanzialmente inattiva. Vi era tuttavia una diversità di
veduta fra un blocco franco-tedesco orientato per una forza del tutto
indipendente ed un blocco italo-britannico per una forza che operasse in
raccordo con la politica atlantica e con la NATO. Alla fine si imporrà la linea
franco-tedesca e l’UEO diventerà il braccio armato dell’Unione europea.
Pur
con queste difficoltà il cammino della Comunità tracciato dal Libro Bianco di
Delors, continuava con regolarità ed alla fine del ’92 quasi tutte le direttive
comunitarie ivi contenute (circa 300) erano state recepite da tutti i Paesi
membri.
Garantita
la libera circolazione di capitali, merci e servizi, rimaneva ancora irrisolta
la questione della circolazione delle persone. A questo si pervenne con l’Accordo
di Schengen, firmato nel ’90 da Francia, Germania, Benelux, Spagna,
Portogallo, Grecia ed Italia, che prevedeva la soppressione dei controlli delle
persone alle frontiere a partire dal 1° gennaio ’93., nonchè una politica
comune in materia di visti e diritti d’asilo. Per l’Italia, a causa di
difficoltà tecniche, il provvedimento andò in vigore il 1° gennaio del ’98.