AI CADUTI DI NASSIRIYA

 

Siete caduti a Nassiriya il 12 novembre 2003. Il “fato” vi ha voluto bersaglio del proditorio attacco da parte di un nemico invisibile, un nemico che si nasconde tra la gente amica, tra le donne, tra i bambini, ... insensibile alla loro sorte, al loro benessere sociale e finanche alla loro incolumità fisica.

Avete avuto appena il tempo di realizzare il pericolo e subito dopo .... siete andati avanti (come dicono i vostri commilitoni per indicare i caduti).

Ora vediamo le vostre spoglie, il cordoglio dei vostri amici sinceri che avete amato e che vi hanno amato, soprattutto l’infinito dolore delle vostre famiglie; vorremmo poterli consolare in qualche modo per consentire loro di trascorrere con un minimo di serenità il prossimo avvento del Santo Natale.

Abbiamo visto la grande partecipazione degli italiani al lutto dei nostri famigliari, ma abbiamo visto anche i media scavare in quel dolore con incomprensibile insensibilità, con una pervicacia senza tregua.

Siamo rimasti stupiti dal gran numero di italiani che ha sentito il bisogno di partecipare commossi al dolore dei vostri familiari. Mai avremmo pensato ad una così vasta partecipazione. Dov’era tutta questa gente, e perchè taceva, quando in Patria”, negli stadi o in piazza, venivate aggrediti con sassi, molotov, insulti e lancio di sterco. Perché non hanno fatto sentire la loro voce e non hanno manifestato il loro sdegno per quelle minoranze violente ed aggressive? Eppure in quei momenti vi sarebbe stato molto gradito anche solo un sorriso, un cenno di saluto o un piccolo segno di solidarietà da parte dei cittadini che incontravate per strada. Strano a dirsi, sorrisi e ringraziamenti li avete trovati proprio lì tra gli abitanti di Nassiriya che vi hanno apprezzati e confidavano nel vostro lavoro per un futuro più dignitoso e felice. Gli sguardi dei nostri connazionali, invece, vi attraversavano quasi che foste trasparenti, per lo più esprimevano indifferenza se non addirittura di peggio.

Forse la vostra morte ha risvegliato negli italiani un senso nazionale sopito da anni? forse ci si è resi conto che non eravate dei manichini in divisa, un pò tonti, buoni per tante occasioni e soprattutto per fornire a giovani viziati e ben pasciuti un bersaglio su cui sfogare le loro inconcludenti insoddisfazioni? forse ci si è accorti che non siete stati costruiti in un laboratorio asettico, ma anche voi avete genitori, mogli, figli e fratelli e che anche voi avete problemi da risolvere e con cui convivere? forse ci si è resi conto che siete partiti coscienti di doverci rappresentare al meglio in un paese lontano dove, a dispetto delle notevoli risorse energetiche, gli abitanti vivono nell’indigenza più completa e devono essere aiutati a realizzare un contesto sociale che tenga conto dei più elementari diritti individuali e collettivi? ... Forse!

Eppure eravate sempre gli stessi, prima e dopo Nassiriya: “Servitori dello Stato” e non “servi dello stato” come talvolta con dispregio individui sconsiderati hanno urlato nelle piazze o scritto sui muri delle vostre Caserme. Avevate fatto questa scelta di vita, volontariamente, sia pur con varie motivazioni: molti di voi avevate sognato questa scelta sin da piccini, altri l’hanno abbracciata all’età della ragione, altri ancora l’hanno decisa per l’esigenza di realizzare una sistemazione di lavoro; tutti, però, certamente convinti e consapevoli di dover “Servire”, sino alle estreme conseguenze, le Istituzioni volute dagli italiani.

Avete studiato, vi siete preparati al mestiere delle armi (che parolaccia questa!), vi siete addestrati accuratamente in silenzio, senza sbandierare le vostre fatiche, il vostro sudore ed il vostro impegno; vi siete quasi vergognati di saper impiegare un fucile o un cannone o un carro armato perchè solo questo fatto vi avrebbe caratterizzati come ottusi “guerrafondai” e quindi antipatici a chi vorrebbe tutti gli italiani “pacifisti, senza se e senza ma”. Anche voi sapevate che la Pace è un bene da salvaguardare al ”massimo”, ma sapevate anche che non sta ai soldati decidere qual è questo ”massimo” oltre il quale un popolo non può andare; possono certamente esprimere il loro parere come tutti i cittadini, ma il loro dovere è poi quello di “obbedire” (altra brutta parola!) alle decisioni della maggioranza ed operare bene e con efficacia sono chiamati ad operare.

Eppure questi semplici ed elementari concetti non sembravano albergare nei tanti italiani che vi circondavano e che, in alcuni momenti, vi hanno fatto sentire quasi soldati senza Patria; quasi come appartenenti ad una Legione Straniera e, come questi, vi siete ritagliati una piccola Patria all’interno dei vostri Reparti dove è ancora vivo il ricordo di chi vi ha preceduto sulla strada del “Dovere”; qui almeno potevate confidare sul senso di cameratismo e sullo spirito di corpo.

Era rimasta la Bandiera, quel tricolore tanto sventolato negli stadi di calcio per sostenere i nostri giocatori nei vari mundial e mundialiti; nessun sventolio invece per voi soldati chiamati a compiti ben più gravosi in cui è indispensabile il supporto e la considerazione della Nazione. Ora, se l’immagine di un popolo stretto intorno al suo Presidente per porgere l’estremo saluto alle vostre spoglie mortali non è solo un atteggiamento di mera facciata, si può finalmente sperare che i vostri commilitoni possano finalmente confidare sulla dovuta solidarietà ed avere il supporto materiale e, soprattutto, morale della propria gente.

In tal caso il vostro sacrificio non è stato vano.

 

Umberto Calamida