UNA CONFERENZA DI TONINO IARIA

 

L’ESECUZIONE: UNA FORMA DI TORTURA.

MEZZI E TECNICHE UTILIZZATE PER LA PENA CAPITALE.

 

Il giorno 6 giugno 2008, a Caserta, ha avuto luogo un Meeting internazionale organizzato dalla IODR (International Organization for Diplomatic Relations). Nella circostanza, il nostro Tonino ha tenuto un intervento sull’argomento “LE ESECUZIONI CAPITALI” di cui vi uniamo il testo.

Inoltre, sempre al nostro Tonino, è stato conferito  dalla predetta Organizzazione, che ha sede a Malta, l’onorificenza di Corrispondente diplomatico, con passaporto diplomatico.

 

In epoche passate la pena di morte era utilizzata in quasi tutti gli Stati. In epoca moderna il primo Stato che l'abolì fu il granducato di Toscana nel 1786. Nel XIX secolo essa fu abolita dal Venezuela nel 1863 e dal Regno d'Italia nel 1889 (dove fu però reintrodotta durante il fascismo, per essere definitivamente abolita dalla Costituzione repubblicana).

Negli ultimi decenni molti Stati l'hanno abolita.

Amnesty International distingue quattro categorie di Stati:

·         in 68 Stati al mondo la pena di morte è ancora prevista dal codice penale ed utilizzata;

·         89 Stati l'hanno abolita completamente;

·         in 10 Stati è in vigore ma solo limitatamente a reati commessi in situazioni eccezionali (ad esempio in tempo di guerra);

·         30 Stati mantengono la pena di morte anche per reati comuni ma di fatto non ne hanno fatto uso per almeno 10 anni.

Vi sono tuttavia casi di paesi che eseguono sporadicamente o sistematicamente esecuzioni in maniera extra-giudiziale al di fuori quindi della loro stessa struttura giuridica.

La pena di morte, chiamata anche pena capitale, è l'eliminazione fisica di un individuo ordinata da un tribunale in seguito ad una condanna. Nei Paesi dove è prevista, di norma la legge commina la pena di morte a fattispecie di reato considerate gravi, come omicidio e alto tradimento. Alcuni ordinamenti giuridici ritengono passibili di pena capitale omicidi occorsi durante l'esecuzione di altri crimini violenti, come la rapina o lo stupro.

Primo Stato al mondo ad abolire la pena di morte fu, il 30 novembre 1786, il Granducato di Toscana con l'emanazione del nuovo codice penale toscano (Riforma criminale toscana o Leopoldina) firmato dal granduca Pietro Leopoldo (divenuto poi Leopoldo II del Sacro Romano Impero); tale giornata è festa regionale in Toscana. Se si considera l'abolizione "di fatto" lo Stato abolizionista più antico è al Repubblica di San Marino, tuttora esistente: l'ultima esecuzione ufficiale risale al 1468, mentre l'abolizione definitiva fu sancita per legge nel 1865.

Storicamente sono apparsi molti modi per applicare la pena di morte secondo le varie epoche e culture:

·         Crocifissione: usata, ad esempio, in alcuni casi dagli antichi romani. La crocifissione era, una modalità di esecuzione della pena capitale e una tortura terribile. La pena della crocifissione era tanto atroce e umiliante che non poteva essere comminata a un cittadino romano. Era applicata agli schiavi e agli stranieri e normalmente era preceduta dalla flagellazione.

·         Schiacciamento: ai tempi di Marco Polo, il popolo mongolo usava eseguire la condanna a morte delle persone rispettabili coprendole con un telo e schiacciandole con i cavalli;

·         Ghigliottina: usata in Francia a partire dalla rivoluzione francese e adottata poi in altri Paesi europei, tra i quali lo Stato Pontificio ed in Svizzera, in Svezia, in Belgio e in Germania. La ghigliottina è una macchina per la decapitazione di persone condannate alla pena capitale. Il condannato era legato a una tavola basculante tenuta in posizione verticale; una volta legato, la tavola veniva fatta scivolare in posizione orizzontale e il collo del condannato veniva a trovarsi posizionato tra i due montanti e appoggiato alla semilunetta inferiore; la semilunetta superiore veniva abbassata, bloccando il collo del condannato; il meccanismo di rilascio della lama era immediatamente azionato e la lama cadeva tagliando il collo.

·         Garrota: usata in Spagna dal medioevo fino alla fine della dittatura di Francisco Franco. La garrota o garrotta è uno strumento utilizzato per l'esecuzione delle condanne a morte utilizzato in Spagna dal 1822 al 1978 (anno in cui, con la caduta del franchismo, la Costituzione abolì la pena di morte). È costituita da un cerchio di ferro fissato ad un palo, che viene stretto mediante una vite attorno al collo del condannato, fino a provocarne la morte per strangolamento.

·         Impiccagione: comune nel Medioevo ma ancora oggi utilizzata

·         Fucilazione (in Italia era la forma più comune). La fucilazione era la pena più grave comminata dai Codici Militari Italiani (art. 8-29 Codice Penale Esercito - art. 7-31 Codice Penale Marina) e rappresentava l'unico modo contemplato dalla nostra vecchia legislazione militare per infliggere la pena di morte. Si distingue in fucilazione al petto e fucilazione alla schiena. Ancora oggi in alcuni posti rimangono invariati i segni delle fucilazioni. La prima era comminata per reati gravissimi ma non disonoranti. Veniva compiuta da un drappello di dodici soldati e di un caporale, scelti per anzianità fra tutte le compagnie presenti alla Sede del Corpo al quale apparteneva il condannato. Per l'esecuzione, l'ufficiale più elevato in grado schierava le truppe e fatte presentare le armi, leggeva la sentenza. Faceva avanzare il condannato, che poteva essere assistito da un ministro del culto e dopo averlo fatto sedere, gli faceva bendare gli occhi. Se il condannato lo chiedeva poteva essere lasciato in piedi e senza benda. Poi il plotone d'esecuzione compiva la sua missione. La fucilazione alla schiena era infamante e veniva comminata per i reati che denotavano l'estrema ignominia. Prima della fucilazione nella schiena, si compiva la degradazione. In caso di diminuzione di pena, la differenza fra le due era notevole: la fucilazione al petto veniva commutata in reclusione militare, quella alla schiena in lavori forzati a vita.

·         Colpo di pistola alla nuca: usato a tutt'oggi in Cina.

·         Iniezione letale: usata a tutt'oggi negli Stati Uniti. La procedura ed il metodo di esecuzione assomigliano alla tecnica per realizzare un'anestesia generale: al condannato viene inflitta un'iniezione per via endovenosa contenente una dose letale di pentothal (un barbiturico molto potente) misto ad un agente chimico paralizzante. Al termine della procedura, il cuore può continuare a battere per un periodo che può variare dai 6 ai quindici minuti, dato che il condannato viene dapprima messo in uno stato di incoscienza e poi viene ucciso lentamente per paralisi respiratoria e successivamente per paralisi cardiaca.

·         Lapidazione: usata ampiamente nell'antichità, è ancora presente in alcuni stati islamici prevalentemente ai danni di donne adultere.

·         Sedia elettrica: inventata a fine Ottocento da Thomas Alva Edison, noto inventore del fonografo e della lampada ad incandescenza, applicata in molti Stati americani fino agli anni Settanta, sostituito poi con iniezione letale.

·         Camera a gas: utilizzo di acido cianidrico (HCN) tristemente noto come Zyklon B nei campi di sterminio nazisti, introdotto poi nel secondo dopoguerra nel diritto penale dello Stato della California poi abolito.

·         Squartamento: citato nel poema medievale della Chanson de Roland, utilizzato nei paesi arabi nell'età moderna. Vi sono testimonianze filmate di squartamenti di prigionieri durante la guerra Iran-Iraq negli anni Ottanta, utilizzando automezzi invece che cavalli.

·         Rogo: consisteva nel legare il condannato ad un palo sopra una catasta di legna per poi appiccare il fuoco. Applicato in Europa dal Medioevo e nelle Americhe fino al Secolo XVII. Famose le condanne ai danni di eretici e presunte streghe.

·         Impalamento. Molto usato nel Medioriente medievale. Si narra che il famoso sovrano romeno del secolo XV Vlad Tepes, ispiratore del mito di Dracula, ne avesse appreso l'arte dai Turchi invasori. L'impalamento era un antico metodo di messa a morte di una persona tramite tortura, consistente nell'infilzare il condannato con un palo di legno, per poi sollevarlo in posizione verticale fissando il palo nel terreno. Affinché entrasse con facilità nel corpo del condannato, la punta veniva spalmata di olio o miele. Se non venivano lesi organi vitali, il supplizio poteva protrarsi per molti giorni, prima della morte.

·         Decapitazione: molto diffusa nel mondo antico e medievale, sostituita alla fine del secolo XVIII dalla ghigliottina in Francia e nello Stato Pontificio. Usata tutt'oggi in Arabia Saudita.

 

Gli Italiani hanno compreso prima di altri il valore civile e morale di una battaglia contro la pena capitale. E il nostro Paese ha il merito, fin dal 1994 e grazie a tutti i Governi che si sono da allora succeduti, di aver guidato la lotta contro la pena di morte nel mondo, registrando sulla nostra proposta di moratoria universale il sostegno dell’opinione pubblica, una convergenza straordinaria in Parlamento di forze politiche sia di maggioranza sia di opposizione e incontrando negli anni il crescente sostegno di Paesi in ogni continente.

Con l’abolizione della pena di morte dai codici militari nel 1994, l’Italia infatti non solo cancellava l’ultimo retaggio ancora presente nell’ordinamento interno, ma intraprendeva un percorso che l’ha portata ad essere il Paese che più ha fatto in concreto, nelle sedi internazionali e nei confronti di Paesi mantenitori, per fermare le esecuzioni capitali.

Una Risoluzione per la moratoria fu presentata per la prima volta all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite già nel 1994. Anche se battuta (per soli otto voti!), ciò non impedì alla Commissione dell’ONU per i Diritti Umani, tre anni dopo di approvare a maggioranza assoluta una risoluzione che chiede “una moratoria delle esecuzioni capitali, in vista della completa abolizione della pena di morte”. Con ciò, per la prima volta, un organismo delle Nazioni Unite stabiliva che la questione della pena di morte attiene alla sfera dei diritti umani e che la sua abolizione costituisce “un rafforzamento della dignità umana e un progresso dei diritti umani fondamentali”.

Da allora, per nove anni, la Risoluzione è stata ininterrottamente approvata a Ginevra, ed è anche grazie a questo se la situazione della pena di morte è oggi decisamente mutata, con abolizioni e moratorie stabilite ovunque nel mondo che hanno salvato dal patibolo migliaia di persone.
In questi anni l’Italia ha fatto valere la sua posizione contraria alla pena di morte anche nei confronti dei Paesi che ancora la praticano. Il 25 giugno 1996, con una sentenza storica, la Corte Costituzionale del nostro Paese ha posto una riserva assoluta a estradare verso i paesi mantenitori persone che lì rischiano di essere condannate a morte, italiani o stranieri che siano, che risiedano o vivano sul nostro territorio.

Un Paese che ha abolito totalmente la pena di morte – ha stabilito la Corte – non può cooperare alla sua applicazione ovunque nel mondo.

E’ giunto ora il tempo di affrontare il passaggio decisivo per portare a compimento questo percorso: la moratoria universale delle esecuzioni capitali. In questo sarà necessario uno sforzo dei Paesi europei a riaprire la questione in Assemblea Generale alle Nazioni Unite. Molti Paesi nelle diverse aree del mondo hanno nel frattempo deciso di sostenere l’iniziativa.

 
Una decisione a favore della moratoria in vista dell’abolizione da parte dell’organismo maggiormente rappresentativo della Comunità Internazionale, presa anche solo a maggioranza, avrà l’effetto di consolidare l’opinione mondiale sulla necessità di mettere al bando le esecuzioni capitali così contribuendo allo sviluppo dell’intero sistema dei diritti umani.

 

Ma si tratta di una battaglia difficile, da condurre con attenzione cercando consensi in ogni singolo Paese e che necessita della piena compattezza dell'Unione Europea. L'esperienza insegna e nessuno ha dimenticato le battaglie perse su questo tema nel 1994 e nel 1999. Già allora l'Italia fu in prima linea nel sostenere uno scontro che divise in due il Palazzo di Vetro: nel 1994 si arrivò al voto e la proposta fu bocciata con 44 no, 36 si e 74 astensioni. Nel 1999 non si votò ma le spaccature all'interno dell'Unione Europea fecero finire il testo della risoluzione nel dimenticatoio.

 

Ecco quindi spiegata la necessità di costruire una solida rete di consensi, a partire dal blocco europeo, condizione sine qua non per sperare in un esito positivo. Attualmente è inutile volare troppo alto cercando l'approvazione improbabile di una risoluzione contro l'abolizione della pena di morte; assai più realistica è l'opzione di una moratoria che consentirebbe alle classi dirigenti di alcuni Paesi di fermare il boia sotto l'ombrello Onu.

 

 

TESTO DELLA RISOLUZIONE PER LA MORATORIA SULLA PENA DI MORTE

L’Assemblea Generale,

 
PP1 Guidata dagli obiettivi e dai principi contenuti nella Carta delle Nazioni Unite;
 
PP2 Richiamando la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e la Convenzione sui Diritti del Fanciullo;
 
PP3 Richiamando le risoluzioni sulla “questione della pena di morte” adottate nel decennio passato dalla Commissione dei Diritti Umani in tutti le sue sessioni, di cui l’ultima è la E/CN.4/RES/2005/59 che chiedeva agli Stati che ancora hanno la pena di morte di abolirla completamente e, nel frattempo, di stabilire una moratoria delle esecuzioni;
 
PP4 Richiamando gli importanti risultati ottenuti dall’ex Commissione dei Diritti Umani sulla questione della pena di morte e considerando che il Consiglio Diritti Umani possa continuare a lavorare su questo tema;
 
PP5 Considerando che l’uso della pena di morte mina la dignità umana e convinti del fatto che una moratoria sulla pena di morte contribuisca al miglioramento e al progressivo sviluppo dei diritti umani; che non esiste alcuna prova decisiva che dimostri il valore deterrente della pena di morte; che qualunque fallimento o errore giudiziario nell’applicazione della pena di morte è irreversibile e irreparabile;
 
PP6 Accogliendo con favore le decisioni prese da un crescente numero di paesi di applicare una moratoria delle esecuzioni, in molti casi seguite dall’abolizione della pena di morte;
 
1. Esprime la sua profonda preoccupazione circa la continua applicazione della pena di morte;
 
2. Invita tutti gli Stati che ancora hanno la pena di morte a:

(a)    rispettare gli standard internazionali che prevedono le garanzie che consentono la  protezione dei diritti di chi è condannato a morte, in particolare gli standard minimi, stabiliti dall’annesso alla risoluzione del Consiglio Economico e Sociale, 1984/50;
(b)   fornire al Segretario Generale le informazioni relative all’uso della pena capitale e il rispetto delle garanzie che consentono la protezione dei diritti dei condannati a morte;
(c)    limitarne progressivamente l’uso e ridurre il numero dei reati per i quali la pena di  morte può essere comminata;
(d)   stabilire una moratoria delle esecuzioni in vista dall’abolizione della pena di morte;

 
3 Invita gli Stati che hanno abolito la pena di morte a non re-introdurla;
 
4 Chiede al Segretario Generale di riferire sull’applicazione di questa risoluzione alla 63ma sessione;
 
5 Decide di continuare la discussione sulla questione durante la 63ma sessione allo stesso punto all’ordine del giorno.